Non so voi, amici carissimi, ma pur avendo letto i tanti romanzi di questo autore, mi era sfuggita una sua opera che ancora una volta dimostra la straordinarietà di questo personaggio: “Parigi nel XX secolo”, questo è il titolo.
Si tratta di un’opera scritta nel 1863 ma scartata dall’editore e rimasta dimenticata in un cassetto e pubblicata postuma nel 1994. Ancora una volta, da questo lavoro, emerge come Verne anticipi i tempi con un nuovo genere letterario.
E’ stato definito il padre della fantascienza moderna e uno degli autori che più ha influenzato la letteratura del “fantastico”. All’inizio nei suoi romanzi ritroviamo quella atmosfera di ottimismo collettivo, di positivo atteggiamento forse utopistico di una vita migliore determinata dalle scoperte tecnologiche e dallo sviluppo industriale. Lentamente con l’avanzare dell’età e forse a causa di dolorose vicende familiari questa prospettiva viene a mancare.
In questo racconto traspare davvero la diffidenza verso il progresso, le macchine e un futuro dove l’individuo rischia di perdersi. Ecco l’intuizione di Verne, ecco il primo romanzo distopico! Il paradosso della vicenda sta nel fatto che ancora una volta l’immaginazione avveniristica, la straordinaria preveggenza descrivono a metà dell’ottocento la città (lo stile di vita possiamo aggiungere) nella quale un secolo dopo, l’opera viene pubblicata.
Con acuta ironia “Parigi nel XX secolo” è una metropoli organizzata da macchine che si muovono per mezzo di aria compressa, su binari sopraelevati: uno per l’andata e uno per il ritorno; da sistemi di comunicazione che richiamano l’immaterialità della rete, da carrozze attaccate grazie alla forza elettromagnetica. Nessuna necessità di manutenzione, niente fumo, niente vapore: le vetture si muovono grazie ad una forza invisibile: un motore ad aria dilatata dalla combustione del gas.
Parigi inoltre di notte era illuminata a giorno con un “bagliore paragonabile a quello solare”. Ne riportiamo un breve passo:
“Gli uomini del 1960 non erano sorpresi di questi prodigi, ne approfittavano quotidianamente senza alcuna contentezza, nella loro andatura incalzante, dal passo frettoloso, dal loro impeto americano. Si intuiva che il demone della prosperità li spingeva avanti senza posa e indugio”.
“Parigi”, ma questo sostantivo potrebbe essere anche sostituito con “Il Mondo”, rincorre una spasmodica ricerca del profitto e sfruttamento e nel trionfo delle logiche ciniche dell’economia. In questa società, non c’è più posto per l’Arte, per gli scrittori, per i professori, per i poeti e musicisti; non esistono più le biblioteche. Al radioso progresso delle scienze, si contrappone la cupa morte dell’Arte.
Autori come Balzac e Dumas erano sconosciuti per lasciare il posto a versi poetici nuovi come: “Armonie elettriche” o “Meditazioni sull’ossigeno” per non citare il “Parallelogramma poetico” o le “Odi decarbonate”. Ancora una volta Verne è in grado di portare il suo sguardo lontano nel tempo.
La lettera di questo articolo stimola il desiderio alla lettera di questo libro che non conoscevo.
Jules Verne aveva anticipato il futuro non solo nella scienza ma evidentemente aveva anche capito quale sarebbe stata l’evoluzione della società e dell’economia.
Chissà quale sarebbe oggi la sua visione fra cento anni….