IL CANTO E L’ARTE DEL CANTARE di Filippo Costanti

IL CANTO E L’ARTE DEL CANTARE di Filippo Costanti

Ogni persona prova il bisogno di esprimere i propri sentimenti, ora di gioia, ora di dolore, e uno dei mezzi più efficaci è senza dubbio la musica, che sia suonata o cantata. Il canto è a tutti gli effetti il mezzo di espressione più totalizzante di cui l’uomo dispone. Imparare a cantare non significa soltanto far vibrare le proprie corde vocali per riprodurre note intonate, ma accordare la propria mente e il proprio stato d’animo sul contenuto della melodia cantata. Un bravo cantante dovrebbe essere in grado di vestire alla perfezione l’idea e il sentimento che il compositore ha impresso nella composizione. In un certo senso dovrebbe far sua questa idea, viverla dandole un corpo e trasmetterla a chi ascolta. Così è dei bravi musicisti.

Ovviamente si può cantare anche solo per divertimento, per bisogno o per stare meglio, ma si capisce che uno studio approfondito del canto rende consapevoli dell’apparato fonatorio (diaframma, polmoni, laringe, cavità di risonanza, ecc.), e permette una ricerca attiva sulle dinamiche psichiche, mentali e sulle capacità latenti dell’uomo e della donna intesi in senso globale. Il fatto che il canto, nello specifico il canto melurgico, sia in grado di far conoscere sé stessi ed utilizzare la propria voce in modo armonioso e armonico, rende questa arte un potente mezzo di formazione dell’individuo, inteso in senso completo, cioè corporeo e spirituale. Melurgia, dal greco melos melodia o canto ed ergon opera, significa “azione della melodia” o “azione del canto” e sta proprio ad indicare l’azione che una melodia sacra, cantata in particolar modo, ha sull’uomo. 

Lo studio del mistero della voce può condurre alla conoscenza profonda della natura umana e della sua relazione con il cosmo. Sin dall’antichità il canto sacro è stato uno dei mezzi principali per l’educazione morale e spirituale dell’uomo. In tutte le tradizioni si ritrova l’utilizzo della musica e del canto, associato alla poesia, per cantare lodi alla divinità. Basti pensare allo sviluppo della musica all’epoca del re Davide in Israele (1 Cronache 23:5; 25:1, 6, 7), oppure all’utilizzo degli strumenti e del coro da parte dei greci, dei quali Pitagora fu uno dei fondatori. Anche nel cristianesimo dei primi tempi è noto il dono del canto tra gli Apostoli e Discepoli (Atti 16:23,24) e non minore importanza assume la musica come arte liberale nel medioevo. 

L’anima dell’uomo era concepita come una melodia da intonare e armonizzare con la melodia dell’universo, riflesso di una musica o armonia divina. È a questa “accordatura” dell’anima che il canto inteso nel senso melurgico-sacrale,  cioè ascetico nel più elevato dei significati, può portare.