La musica è sempre stata un’importante forma di espressione umana. Con essa è possibile comunicare le nostre emozioni, i nostri pensieri e le nostre idee in maniera originale, unica e, in alcuni casi, davvero potente. Tuttavia, la musica può essere vista anche come una forma di espressione del momento storico in cui essa viene creata.
Ogni epoca storica, infatti, ha la sua musica caratteristica che riflette le influenze culturali, sociali e politiche del tempo. La musica barocca (vedi Antonio Vivaldi, Johann Sebastian Bach, Arcangelo Corelli), contrassegnata da una grande complessità e ornamentalità, riflette bene il gusto per la grandiosità dell’epoca. Anche la musica punk, che fa boom negli anni ‘80, viene usata dagli artisti dell’epoca come mezzo per raffigurare la disoccupazione, la discriminazione e l’alienazione sociale, quali temi caratterizzanti la società del tempo.
Tra gli artisti ve ne sono alcuni particolarmente sensibili che hanno—o sviluppato o per natura—una spiccata ricettività verso ciò che è presente oltre la materia che noi conosciamo volgarmente. Questi individui speciali non si limitano a “parlare” del momento storico in cui vivono, bensì anticipano ciò che sarà la musica del futuro.
È il caso della Dodecafonia, una tecnica musicale elaborata da Arnold Schonberg nel 1923, ma già anticipata da Wolfgang Amadeus Mozart ben 136 anni prima, nel 1787. Essa riflette il desiderio di cambiamento letterario, artistico, politico e sociale di un mondo che sta attraversando un periodo di grandi trasformazioni, dovute anche alle guerre e alle grandi scoperte tecnologiche.
Si tratta di una composizione basata su una serie di dodici suoni che non si ripetono finché non si sia esaurita tutta quanta la serie. Con questa tecnica, non vi sono più suoni più o meno importanti: tutti hanno la stessa importanza. La successione di suoni, mancante di una melodia orecchiabile, risulta in questo modo dissonante, provocando nell’ascoltatore una sensazione di tensione crescente. Mozart la concepisce e la adotta, tra le altre, in una delle sue opere più famose, Don Giovanni.
Urge fare una brevissima sintesi. Don Giovanni, un giovane cavaliere, seduce Donna Anna, nobildonna. Il Commendatore, padre di Anna, sfida a duello Don Giovanni, il quale però lo uccide. Più tardi, nella penultima scena dell’opera, il Commendatore, sotto forma di statua fantasma, si presenta a Don Giovanni invitandolo a cena da lui. Don Giovanni accetta e stringe la mano alla statua. A quel punto avverte un gelo mortale, e il Commendatore lo esorta a pentirsi dei suoi peccati, ma Don Giovanni rifiuta e cerca invano di sfuggire al suo inevitabile destino: la morte.
L’apparizione qui del Commendatore ha valore simbolico. Egli infatti rappresenta un messaggero della volontà divina, della giustizia che attende i peccatori. Utilizzando una tecnica compositiva nuova, Mozart riesce a dare forma al trascendente, distinguendolo così da ciò che invece è di natura terrena. L’effetto è di grande efficacia: la successione dei suoni dissonanti quasi dà vita al terrore, all’angoscia, alla paura che il peccatore va a sperimentare di fronte alla morte.
Grazie alla sua particolare sensibilità artistica, Mozart riceve un’ispirazione e anticipa così una tecnica completamente nuova che verrà messa in pratica soltanto a partire da Schonberg nel 1923, quando nuovi modi musicali per esprimersi vengono impiegati dai compositori in cerca della libertà dalla tradizionale tonalità e armonia.
Ma oltre ad anticipare il futuro, è possibile che la musica possa contenere notizie su ciò che deve ancora avvenire? Può la musica, attraverso il sapiente utilizzo del suo linguaggio, portare in sé una profezia?